Si impegnano per gli altri, o in difesa dell’ambiente, o ancora hanno reagito alla crisi inventando un nuovo modo di fare economia: permacultura, villaggi eco solidali, cohousing, glamping, campi aperti, wwoof. Si insediano più facilmente a livello locale, non disdegnano la tecnologia, ma incarnano i valori della solidarietà e dello scambio. E quel che più conta, promuovono rapporti di “comunità”. È un’Italia che cambia, che crede in un’economia civile, che non insegue il profitto. Molti economisti – tra questi Bartolini, Becchetti – calcolano che già cinque-sette milioni di persone sono impegnate in migliaia di progetti per il recupero di aree dismesse, contro lo spreco del cibo, per il riuso dei materiali, la valorizzazione dei terreni incolti. Ma sono tanti anche i progetti di solidarietà di semplici cittadini, quindi non legati a sigle di volontariato, che si uniscono per aiutare i più deboli. È il caso della compagnia della polenta, delle mamme di Facebook, degli ambulatori medici popolari. Tante le iniziative a favore dei malati di Alzheimer – la storia più toccante quella di Cicala in Calabria, dove l’intero paese li accoglie amorevolmente. Per non parlare dei registi che da anni lavorano con attori affetti da disabilità psichica come Michele Bia e Dario D’Ambrosi. Un bel contributo viene anche da giovani videomakers che viaggiano dal Nord al Sud, spesso in camper, pur di raccontare storie virtuose del nostro Paese.